SIMONA MARCHINI e FRANCO MESCOLINI
in
AHI, CORPO CRUDELE!
di GIUSEPPE MANFRIDI
scene
BRUNO BUONINCONTRI
costumi
SABRINA CHIOCCHIO
musiche
ANTONIO DI POFI
luci
CESARE ACCETTA
regista assistente
LUCA BARCELLONA
regia
PIERO MACCARINELLI
Note di regia
Da molti anni frequento come regista la scrittura di Giuseppe Manfridi ed ogni volta rimango sorpreso dalla sua capacità eclettica di usare la lingua italiana nei suoi aspetti più vari.
In questo caso si raccontano le solitudini, i disturbi psicosomatici e i loro grotteschi risvolti di un gruppo di uomini e donne che vivono senza incontrarsi nelle stanze e nei corridoi di un anonimo albergo.
La lingua esalta e giustifica la loro grottesca comica solitudine. È una lingua che si piega, si contorce in starnuti, grugniti, umori. Incontriamo un conduttore televisivo, la cameriera dei piani, la moglie del direttore d’orchestra, personaggi reali che si fanno emblema del nostro, comune alterato rapporto con gli altri negandolo, soffrendone, e facendo esplodere un torrenziale grand guignol di somatizzazioni, tutte le loro e nostre contraddizioni.
Piero Maccarinelli
Note dell’autore
Ahi, corpo crudele! è un curioso intreccio di casi psicosomatici. Attraverso un ventaglio di tre personaggi femminili, tutti affidati alla stessa attrice, vengono difatti raccontati gli imprevedibili sviluppi del conflitto che può scatenarsi tra un individuo, uomo o donna che sia, e i propri segreti più inconfessabili.
Si usa dire che l’inconscio, quando sia sottoposto a rimozioni eccessive, si vendichi sempre e, spesso, a farne le spese è proprio il nostro corpo sul quale si scatenano, e nelle maniere più impensate, gli effetti di simili vendette. Questo, perlomeno, è quel che accade nei casi che raccontiamo. Essi potranno sembrare talvolta grotteschi, fin troppo buffi o tragicomici, ma sono tutti sorretti da un fondo di verità. D’altronde, non è escluso che, a volte, la verità in se stessa possa apparire tragicomica ed esagerata. Ebbene, le suddette tre donne, delle quali la protagonista vestirà di volta in volta i panni, ruotano attorno alla bizzarra figura di un insonne che passa le sue notti in pigiama e vestaglia nel corridoio di un anonimo albergo metropolitano. L’insonne è depositario di un segreto ed è questo segreto, che il procedere di colloqui gli farà rivelare in uno sfrenato assolo, a dargli la sua fisionomia di personaggio e ad avvolgerlo di insondabili forze seduttive. Sulle prime lo si potrebbe confondere con un impotente, ma egli è ben altro. La prima a preoccuparsi di lui è un’ex concertista afflitta da un amore malamente ricambiato e che l’ha fatta divenire completamente glabra. Per colmo di paradosso, l’oggetto irraggiungibile della passione che la invade è proprio suo marito, un direttore d’orchestra per cui ella prova un’autentica e incantata venerazione. A seguire, per un gioco narrativo che non stiamo qui a svelare, sarà poi la volta di una donna delle pulizie: anima candida che non ha mai saputo far chiaro dentro di sé finché un giorno, oppressa da inspiegabili conati che la costringono a girare sempre con un secchio, ha dovuto rendersi conto di aver così assurdamente somatizzato la sua repulsa per i telegiornali e, in termini più generali, la sua videodipendenza. Terza e ultima donna in questione è la stessa moglie dell’insonne, la quale si rivelerà vittima inconsapevole di un disturbo respiratorio che, come scopriremo, è all’origine del tormento notturno sofferto dal consorte.
Di questo groviglio di figure la commedia compone un racconto concluso, quasi una sorta di inedito “puzzle” in cui l’apparenza umoristica e il gioco dei trasformismi fanno da velo a un’indagine sincera, commossa e divertente dell’animo umano.
Giuseppe Manfridi
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